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Benvenuti sul sito dell’Associazione Culturale Pietre Vive Cattedrale Monopoli!

 

L'associazione PIETRE VIVE ha come obiettivo la valorizzazione del ricco patrimonio storico artistico archeologico e culturale della Regione Puglia e, in particolare della città di Monopoli, dove ha sede. 

 

PIETRE VIVE offre servizio di GUIDA TURISTICA in Puglia, a cura di guide abilitate dalla Regione e in particolare a Monopoli, dove gestisce le aperture e le visite guidate nel museo e sito archeologico "Cripta Romanica", sottostante la Basilica Cattedrale.

 

Navigando sul nostro sito, potrete conoscere meglio le nostre attività, restare aggiornati circa le nostre iniziative e contattarci per prenotare una visita guidata con una delle nostre guide abilitate.

Contattateci e saremo lieti di proporvi itinerari e di accompagnarvi in una delle regioni più belle e ricche di storia, tradizioni, città e luoghi da scoprire.

Lasciatevi guidare da Pietre Vive in tutta la Puglia e, in particolare, nella bellissima città a sud-est di Bari dal nome promettente: Monopoli, “città unica”



I tour di Pietre Vive

IVENERDI 17 DICEMBRE 2021 

  ORE 17.00

In occasione della rievocazione dell'arrivo dell'odegitria di

Maria SS della Madia nel porto antico di Monopoli nella notte tra il 15 ei 16 Dicembre del 1117, l'Associazione culturale Pietre Vive Monopoli organizza una visita guidata speciale nei luoghi legati all'icona bizantina.

L'evento è riservato ad un numero limitato di partecipanti e necessita di prenotazione.

 

Nel ricercare fra le carte dell’Archivio Unico Diocesano di Monopoli dati e notizie utili alla stesura di un mio lavoro dal titolo Monopoli tra Sette e Ottocento. Cronache e uo-mini, consultando un elenco di affiliati alla locale vendita carbonara, mi sono soffermato sul nominativo di Filippo Perugini, registrato col grado di maestro della società segreta, di professione musicante. Con paziente lavoro di scavo tra i documenti, coadiuvato dall’ amico Gaetano Todaro, ho potuto ricostruire la composizione della sua famiglia ed i legami con altri musicisti di Monopoli e di Fasano. Queste pagine, estrapolate da un lavoro che spero possa far meglio conoscere la storia della nostra città, vogliono essere un riconoscimento ad artisti rimasti nell’ ombra ed un omaggio, mi auguro gradito, ai miei concittadini.

Monopoli, 9 agosto 2020               Michele Pirrelli

 

 

      UNA FAMIGLIA DI ARTISTI: I PERUGINI. DALLA MUSICA ALLA PITTURA

 

   A Monopoli, il 2 febbraio 1772, Francesco Paolo Palmieri, in quell’ anno priore della confraternita del Purgatorio, comunica al suoi confratelli che era arrivato in città Celestino Schiavone “professore di violino, violoncello ed oboè ed altro” il quale era ben intenzionato a stabilirsi a Monopoli dove non solo aveva sposato, il 20 gennaio 1772, la ventiquattrenne Angela Michela La Torre, ma aveva già contrattato un compenso di 12 ducati all’ anno con la confraternita del Santissimo Sacramento in cattedrale per suonare nelle occasioni stabilite. I confratelli del Purgatorio accolgono con piacere la notizia ed in accordo col priore deliberano di incaricare Schiavone di suonare nella loro chiesa con una retribuzione di 8 ducati annui “coll’ obbligo del medesimo di assistere ed intervenire in tutte le funzioni … con quelli strumenti di sua professione a piacimento del signor priore”. 

 

   Schiavone, nato a Fasano il 22 gennaio 1741 da Giovanni Antonio e da Livia La Torre , si inserisce, col tempo e con una intelligente politica matrimoniale che avremo modo di approfondire, nel numero dei musici monopolitani della seconda metà del Settecento tra i quali campeggiano i nomi degli Insanguine e dei Van Westerhrout non ancora, questi ultimi, trapiantatisi a Mola.

   Il mese successivo, nella seduta del 15 marzo, lo stesso Francesco Paolo Palmieri annuncia che il maestro Giacomo Insanguine si apprestava a rientrare a Monopoli da Napoli e che aveva fatto sapere di essere disposto a suonare anche per la confraternita del Purgatorio che, subito, stanzia 30 ducati al- l' anno per assicurarsi la musica di Insanguine per tutte le funzioni; ma il 28 febbraio 1773, il nuovo priore Domenico Indelli comunica che “l’illustrissimo” don Giacomo non sarebbe più venuto da Napoli.     La confraternita del Purgatorio si spacca tra chi vuole come maestro di cappella il dilettante di musica e dottor fisico Giacinto Insanguine, fratello di Giacomo e chi invece sostiene il nome di Onofrio Van Westerhout che è musico di professione che, già suonatore di violino, il 14 giugno 1764, all’ età di 22 anni, era entrato nel Conservatorio della Pietà dei Turchini a Napoli per diventare maestro di cappella, titolo che si conseguiva dopo diversi anni di studio presso uno dei conservatori partenopei.

   Settimio Onofrio Van Westerhout nasce a Monopoli da Gaspare, sarto, e da Porzia Caleprico e viene battezzato in parrocchia Amalfitana il 13 agosto 1742. Il 14 giugno 1764, dopo aver seguito le lezioni di Francesco Paolo Insanguine, maestro di cappella della chiesa del Purgatorio e di quella di S. Francesco d’Assisi, Onofrio, così chiamato perché quello era il nome dell’avo materno Onofrio Caleprico, entra nel Conservatorio della Pietà dei Turchini a Napoli dove studia con eccellenti maestri come Pasquale Cafaro celebre compositore di musica sacra e profana e Lorenzo Fago docente di composizione e maestro di cappella del Tesoro di S. Gennaro. Dopo la morte di Francesco Paolo Insanguine, Onofrio Van Westerhout diventa maestro di cappella della cattedrale e nel 1774 musica Il dono del cielo su libretto del paolotto Pasquale Maria Freda; il componimento sacro, che ricorda l’approdo della zattera con l’icona della Madonna della Madia, nel 2017 è stato riproposto, benché privo della musica perché introvabile, dall’ amico avvocato Michele Fanizzi che ne ha curato una bella edizione.

   Onofrio muore a Monopoli nella sua casa in via Bambaciara, già vedovo della moglie Antonia de Bellis, il primo novembre 1826. Dei suoi numerosi figli ricordiamo: Luigi, che fu suonatore di corno da caccia; Domenico, musico, nato nel 1791, sposò il 3 dicembre 1812 Rosa Maria Palmieri figlia di Luigi, capomastro; Giuseppe, nato nel 1796, maestro di musica, sposò il 13 luglio 1841 Lucrezia Iacovazzi; ed infine Nicola, nato nel 1786, che tenne una scuola di musica a Monopoli ed a Mola. Il 4 giugno 1811  "Niccolò Vanvesterhout di anni venticinque compiti, Musicante nato e domiciliato in questo Comune nella strada del Bombaciaro, al Num. 11 figlio Maggiore delli Signori Onofrio Vanvesterhout, maestro di cappella … e di Antonia de Bellis, cucitrice, di anni cinquanta circa” domiciliati con il figlio, sposa Rosa Maria Schiavone di 23 anni, figlia del fu Celestino e di Angela Michela La Torre ed abitante con la madre nella strada Arco di Peroscia n. 29.

   Tra i Van Westerhout, originari delle Fiandre, vi furono altri musicisti tra i quali il più noto è Nicola (1857- 1898).

   Non vogliamo tralasciare, a questo punto, un Andrea Arnoldo Van Westerhout, argentiere, con ogni probabilità figlio di Errico, anch’egli argentiere, e di Brigida Lo Sacco che il 24 febbraio 1727, in cattedrale, sposa Beatrice Castagna; dai due, il 30 agosto 1727 nasce Brigida Van Westerhout. E’ troppo poco quel secondo nome Arnoldo per poter accostare questo argentiere ad Arnoldo Van Westerhout (1651 – 1725) famoso incisore nato ad Anversa ma vissuto in Italia; è troppo poco, ripetiamo, ma chissà che non sia stimolo per altre, più approfondite e fortunate ricerche.

   Assieme agli Insanguine ed ai Van Westerhout, vogliamo ricordare altri musici e cantori che vissero ed operarono in questo stesso periodo storico: Vito Antonio Grattagliano, notaio ed organista; Filippo Rota, sopranista; Donato Antonio Pirrelli, sacerdote della chiesa di S. Pietro, cantore con voce da basso; Mario La Porta, che cantava da tenore; Tommaso Puteo, violinista; Michele Leoci, maestro di cappella nella chiesa dell’Amalfitana e violinista nella chiesa del Purgatorio a fine '700; Agostino Vallè, vivente nel 1815, dilettante di musica; Francesco Lacitignola, maestro di cappella nella chiesa di S. Salvatore nel 1786; Vito Andrea Barbarito e Nicolò Ippolito che, rispettivamente, prendevano lezione, di canto da basso e da tenore, da Onofrio Van Westerhout ed infine, Orazio de Valeriis, maestro di cappella dal 1812 al 1829 nella chiesa del Purgatotrio, che sposa Anna Schiavone di Celestino.

 

   

   Sappiamo così che due ragazze Schiavone avevano sposato musicisti; ed anche  un’altra figlia di Celestino, Livia, nata nel 1780, sposa il 29 luglio 1801  Vitantonio Perugini  "musicante",  come suo fratello Filippo; dell’attività di Vitantonio non conosciamo nulla se non che negli anni tra il 1811 ed il 1814 vive e lavora a Bari dove risultano nate le sue figlie Rosa ed Angela. 

  Tra i figli di Vitantonio e di Livia Schiavone chiamata Olimpia, ricordiamo Francesco Paolo, Costantino e Leonardo tutti musicisti, maestri di canto e compositori.

   

   Francesco Paolo, nato Monopoli nel 1816, studia nel “Real Conservatorio di Napoli, Sotto la direzione dei Celebri Maestri Zingarelli, Crescentini e Donizetti” come egli stesso scrive in un manifesto del quale ci occuperemo più avanti e dal quale apprendiamo che fu professore nel conservatorio di musica di Lille, in Francia, perché nominato dal comitato del conservatorio di Parigi; e fu pure socio onorario e corrispondente dell’accademia di belle arti di Lille. Infine, fu maestro, direttore e compositore in vari teatri di opera italiana in America.

   Al momento non siamo in grado di seguire e documentare le attività di Perugini in America; è certo però che i suoi quattro figli nascono in America centrale, come ha potuto accertare l’amico ing. Gaetano Todaro che ha concretamente e largamente collaborato a questa ricerca sui Perugini.                   Francesco Perugini e sua moglie Concetta Vita, napoletana, hanno a Santiago di Cuba: Edoardo nel 1859; Olimpia nel 1860 e Concetta nel 1865; Angela Maria, ultima figlia della coppia, nasce invece, nel 1869, a Kingston, in Giamaica.

  Il maestro Perugini torna a Monopoli forse nei primi anni Ottanta dell’Ottocento perché risulta presente a Monopoli nel 1885 ed abitante in via Ricasoli n. 4 con la moglie ed i figli Edoardo, Olimpia e Concetta.

  I quattro giovani Perugini si sposano in Italia: Edoardo, medico, sposa a L’Aquila Addolorata D’Annunzio; Concetta ed Angela Maria sposano a Monopoli, rispettivamente, Augusto D’Annunzio ed il medico barese Luca Morelli; ed infine, Olimpia sposa il 18 settembre 1887 Giuseppe Barnaba, farmacista, figlio di Leonardo e di Anna Capitanio. Di Giuseppe e di Olimpia è discendente diretto, insieme ai suoi fratelli, il dottor Francesco Barnaba, farmacista; la sua signorile disponibilità e la gentilezza della sua signora madre dr.ssa Aurora Rossani ci hanno permesso di consultare il manifesto di Francesco Perugini ed un libriccino manoscritto di ricordi ed appunti di Olimpia.

   

   Nel suo manifesto, Perugini annunziava “… a’ suoi Concittadini, che di ritorno in Monopoli sua Patria, dopo tanti anni di assenza ha l’intenzione di propagare in modo fondamentale la musica nel suo paese natale e circonvicini. Egli per occupare in parte la vita, che qui sarebbe monotona, ha idea di aprire una scuola di musica vocale e strumentale, secondo il suo metodo, il quale per la sua chiarezza e brevità, ottenne sempre ottimi risultati in poco tempo”. Proponeva quindi tre corsi a pagamento: uno per le ragazze, l’altro per i ragazzi ed il terzo per gli adulti “la cui voce va formandosi o che sia già formata. I suoi componenti avranno nome Orfeonisti; essi saranno addetti al canto de’ cori, e pezzi concertati per le musiche di Chiese, Teatri e concerti sì pubblici che privati… E’ da rimarcarsi, che dette società Orfeoniste sono già organizzate in tutte le grandi Città d’Europa, e di America; esse sono di grande utilità ai suoi componenti che ne traggono profitto … ed infine sono un ornamento, un onore ed un vantaggio per le Città che le posseggono”.

 

   Riportiamo fedelmente quanto scritto nel n. 6 dalla Rassegna pugliese di scienze, lettere ed arti pubblicata a Trani con data 31 marzo 1885: “In occasione del Genetliaco del Re, si dettero a Monopoli due consecutive accademie sul teatro di quella città. In ambedue le sere, il teatro era gremito di spettatori per il lusinghiero programma di musica vocale ed strumentale. La signorina Carolina Bregante recitò per la circostanza una sua calda poesia, con tale attraenza da riscuoterne frenetici applausi. La brava filarmonica Verdi, diretta dall’egregio professore signor Saragò, seppe eccitare l’entusiasmo dell’uditorio, come pure il signor Saragò ebbe immense ovazioni per i pezzi a memoria da lui eseguiti i modo sorprendente, sul suo violoncello. Lode si ebbe altresì la signorina Saragò pel suo modo di suonare il piano. Le allieve del professore D. Checco Perugini fecero onore al loro maestro eseguendo a perfezione i loro pezzi, del che ebbero grandi applausi, e furono, la signorina Martinelli, le signorine Manfridi, le signorine Perugini, la signorina Finamore e la bella bambina di sette anni Fanny Brunetti, cara esordiente. Con grande valentia e da artisti, suonarono, il professore Giovè il fagotto, il professore Gaetano Turchiarulo il piano, il sig. Alò il flauto. L’egregio signor Vincenzo Farneraro Manfredi cantò con maestria vari pezzi, come cantò anche bene la di lui nipote signorina Capozzi. Abbellirono le serate gli artisti valentissimi, i bravi cantanti, signori fratelli Muciaccia. Prese parte eziandio la distinta signorina Maria Bregante, allieva del non mai compianto abbastanza, maestro Coop, suonando da pianista un difficile pezzo di Thalberg. Sonarono anche bene le altre signorine Bregante, Carolina ed Elisa. E la loro madre Fanny Bregante Stahly, non ostante le sue gravi afflizioni, volle associarsi anch’ essa ai dilettanti Monopolitani per questo nobile scopo di beneficenza, e suonò a memoria musica tedesca, gradita tanto, che se ne volle la sera seguente la ripetizione, per il che fu molto commossa la gentilissima signora napoletana. Vi furono altresì due altre belle poesie l’una, del pretore cavalier Stanislao Turchiarulo, e l’altra del signor Vincenzo Manfredi. Vogliano tali accademie ripetersi con più frequenza, sì per la carità, che per incoraggiare la gioventù studiosa. 18 marzo 1885 L. O.”.

   Francesco Perugini, muore a Monopoli il 17 agosto 1893; di lui abbiamo rintracciato presso la British Library di Londra , con il decisivo contributo dell’amico Todaro, un elenco delle sue composizioni unitamente a quelle dei suoi fratelli Costantino e Leonardo. I lavori di Francesco, datati tra il 1846 ed il 1886, sono: O bella che dormi, notturno a due voci; Morinò, melodia; Il zampognaro, canzone; Fleurs   d'hiver, album pour piano; Il trovatore. Rondinella pellegrina, romanza; La folle età, duetto per tenore e basso, o soprano e mezzosoprano. Altri lavori di Francesco sono: Palmer, melodramma in due parti, opera giovanile del 1839 conservata nella Biblioteca del Conservatorio di S. Pietro a Maiella a Napoli; arrangiamento di una Sinfonia/per Pianoforte/Nell’opera “Il conte Orij” di Rossini; un Salve Regina/ a voce sola di soprano; Perdesti afflitta Vergine/Mottetto per la Festa dell’Addolorata che porta la data del 1872; A Vincenzo Manfredi/come è scritto/Mottetto all’ Addolorata/Per voce di baritono/Parole di Vincenzo Manfredi/ Musica di Francesco Perugini; Inno a S. Carlo Borromeo.

   

   Anche di Costantino la British Library conserva alcune opere: La cianciosa, polka per piano forte; Il sospiro, duettino per mezzosoprano e contralto; Evviva Garibaldi. Souvenir of Genoa; Poche lezioni, a due voci, ad uso di solfeggio; Derniers momemts d’un jeu-ne poete, scene pour voix de bass, su poesia di Nicolas Gilbert; Tis not the loss of love’s assurance, begins dalla poesia Absence del poeta e drammaturgo Thomas Campbell; It is not that my lot is low, begins dalla poesia Solitude di H. K. White; Esulta Italia. Inno trionfale a voci sole.

 

   Leonardo, nato a Monopoli nel 1802, studia musica e canto nel Collegio musicale di S. Sebastiano a Napoli dove è compagno di studi ed amico personale di Vincenzo Bellini, suo coetaneo, e di Francesco Florimo celebre compositore, musicologo e direttore del conservatorio di San Pietro a Majella a Napoli.    Nel 1822, Leonardo prende parte all’opera buffa di Luigi Ricci L’impresario in angustie, prima partitura teatrale dell’autore, eseguita dagli alunni nel conservatorio di S. Sebastiano e nel 1825 canta da basso in una composizione di Michele Costa dal titolo L’imagine/capriccio poetico/ di…/ricorrente il fausto giorno onomastico/Del Cavaliere D. Francesco Saverio de Rogati/con musica/di/Michele Costa.

  In quello stesso 1825, Vincenzo Bellini, alla fine dei suoi studi compiuti sotto la guida di Nicola Zingarelli, compositore di musica sacra e teatrale, esordisce con la sua prima opera Adelson e Salvini nel Collegio di S. Sebastiano. Così ne scriveva nel 1831 in una sua lettera all’amico Luigi Ramondini: “Nel carnevale del 1825 composi l’Adelson e Salvini, opera in tre atti semiseria pel teatrino del nostro collegio, eseguita da tutti gli stessi collegiali, e pel canto, e per l’orchestra: la riuscita di quest’opera mi meritò il Premio destinato dal Re, che consisteva nell’ onore di scrivere un’ opera nel Real teatro di S. Carlo, e in una somma di 300 ducati. L’opera fu Bianca e Fernando che andò in scena nel maggio 1826”; e Francesco Florimo, nella sua biografia del musicista aggiungeva: “L’anima di Bellini si rivelò nell’Adelson e Salvini … ed ecco che nel carnevale del i825, comparve nel teatrino del Collegio di Musica in San Sebastiano la prima operetta del Bellini … cantata dai suoi stessi compagni Manzi, Marras e Perugini … Produsse grande fanatismo questa operetta nel pubblico napolitano, che non si mostrava mai sazio di udirla e riudirla, e furono tali e tante le pratiche fatte presso il Ministero, acciocché permettesse la continuazione delle rappresentazioni, che l’ Eccellentissimo [ministro], per accondiscendere ai desideri del pubblico, concesse che fosse ripetuta ogni domenica per tutto l’anno 1825”. Florimo, nella stessa biografia, fornisce alcuni particolari sugli interpreti e precisa che Giacinto Marras, che poi si esibirà a Vienna, a Parigi, in Inghilterra ed in Russia, cantò con voce da contralto, Manzi da baritono e Leonardo Perugini, nel ruolo di Salvini, da tenore.

   L’opera nella sua versione originaria in tre atti è stata rappresentata anche ai giorni nostri: nel 1985 al teatro Metropolitan di Catania e l’11 novembre 2016 è andata in scena nel teatro Pergolesi di Jesi; di essa, Federica Fanizza ha scritto una recensione nella quale cita il tenore monopolitano: “Bellini dovette attenersi alle risorse messe a sua disposizione: un’ orchestra da camera composta dagli stessi studenti … della classe di canto del grande Girolamo Crescentini [sopranista e maestro di canto al S. Pietro a Majella] costituita da soli maschi anche per le parti femminili. Rispetto ai fanciulli impegnati en travesti,  le voci virili erano di livello più avanzato e Bellini potè contare, per esempio, sul tenore Leonardo Perugini”; e su Leonardo Perugini così ha scritto, il 30 aprile 2017, lo studioso e critico americano Joseph Newsome nella recensione della registrazione dell’opera effettuata in studio a Londra nel 2016: “Nella prima napoletana di Adelson e Salvini, il ruolo del pittore Salvini fu affidato a Leonardo Perugini, un cantante il cui acume tecnico è dimostrato dalla musica che Bellini scrisse per lui per essere stato all’ altezza delle realizzazioni dei migliori tenori della sua epoca”. Ed infine, sempre al Bellini di Catania, nel 2018, l’opera originaria è stata presentata nell’edizione critica curata dalla Casa Ricordi.

   

   Il primo maggio 1834, a Napoli, nella regia parrocchia del Presidio militare di Pizzofalcone, Leonardo Perugini, maestro di cappella di 32 anni domiciliato in strada Taverna Penta n. 7 nel quartiere di Montecalvario, sposa Concetta Aldanese nata nel 1808 a Messina, figlia di Giuseppe Aldanese, napoletano, maggiore del secondo reggimento dei granatieri della guardia reale, e di Maria Fraccola, messinese, tutti abitanti a Pizzofalcone.

   A Napoli, nascono i due figli della coppia: Edoardo Carlo nel 1835 e Carlo Edoardo nel 1836. Dopo la nascita di questo secondo figlio la famiglia lascia Napoli per stabilirsi con ogni probabilità a Parigi dove Angela Domenica Perugini, sorella di Leonardo, sposa nel 1844 Giuseppe Andrea Aldanese forse congiunto di Concetta Aldanese moglie di Leonardo.

   Leonardo Perugini è stato il più prolifico dei tre fratelli nella produzione di pezzi musicali che, per quello che allo stato ci risulta, si trovano in Inghilterra dove a Londra, già nel 1846 pubblica il duetto Mio ben se ti chiamo, il duettino L’eterno amore e due melodie: Era amor e Così si gode in Cielo. Sono del 1848 la riduzione a tre voci della melodia Mi lagnerò tacendo dell’inglese Joseph Philip Knight celebre compositore di canzoni e rinomato organista, il duettino Nel viver tuo seren e l’arietta Il consiglio. Nel 1849 arrangia per soprano, contralto e basso il terzetto Te sol te sol quest’anima dall’opera Attila di Giuseppe Verdi originariamente composto per le voci di soprano, tenore e baritono e compone la melodia Il sol che ne rischiara; riduce inoltre per camera il duettino Ama! Un cor senza amore tratto da Ismalia ossia morte ed amore, melodramma dell’altamurano Saverio Mercadante, anch’egli allievo di Nicola Zingarelli. Riduce poi a tre voci di soprano la melodia Il sacro bosco di Luigi Gordigiani, cantante, pianista e compositore e nello stesso anno, il 1851, riduce per mezzosoprano, contralto e basso il terzetto Venne a colei che adoro del direttore d’orchestra e compositore Michael Costa, altro discepolo di Zingarelli. Compone poi l’accompagnamento con piano all’aria O cessa-te di piagarmi dall’opera Pompeo di Alessandro Scarlatti. Ed infine, una serie di serenate, arie, ariette da camera, melodie: O Fille, perdona, terzettino; Se tu non vedi tutto il cor mio, trio; Se il mio ben a me non viene, arietta da camera scritta in vecchio stile; La notte serena, serenata; Qui lo vidi, aria; Che chiedi, che brami, duettino; Desire, arietta da camera; Api care, melodia; Se tu non vedi tutto il cor mio, trio.

   

   Leonardo Perugini muore a Monopoli il 29 dicembre 1883 nella casa in piazza Vittorio Emanuele al n. 27 di allora; e la nipote Olimpia nel suo libriccino scriveva: “Il 16 gennaio 1884 si sono fatti i funerali di zio Leonardo nella Cattedrale e grande orchestra”. Poco tempo dopo, Le Guide Musical Revue hebdomaaire des nouvelles musicales de la Belgique et de l’étranger, nel numero 8 del 21 febbraio 1884, annunziava che era morto a Monopoli Leonardo Perugini “le nestor des maitres de chant, 12 ans a Naples, 10 ans a Paris et 33 a Londres” e queste scarne ma pur sempre preziose informazioni testimoniano indubitabilmente la notorietà ed il prestigio che circondavano il Perugini.

   Dei due figli, Carlo Edoardo, nato a Napoli il 4 settembre 1836 come registra l’atto di nascita dell’Archivio di Stato di Napoli, indirizza la sua vena artistica verso la pittura ed è, in Inghilterra, un apprezzato artista dell’epoca vittoriana. Dopo aver trascorso i primi suoi anni a Napoli e poi in Inghilterra dove il padre, come già sappiamo, aveva pubblicato a Londra nel 1846 il duetto Mio ben se ti chiamo, rientra a Napoli forse per seguire il suggerimento di studiare in Italia che gli aveva dato, aven-done intuito le precoci capacità, l’amico intimo di suo padre, il pittore Horace Vernet che era stato, fra l’altro, direttore dal 1829 al 1834 dell’Accademia di Francia a Roma dove, nella sede di villa Medici sulla collina del Pincio, vicino a Trinità dei Monti, riceveva e conversava, tra gli altri, con lo scultore danese Bertel Thorvaldsen, l’affezionatissimo scrittore Stendhal, il musicista Felix Mendelssohn ed il soprano spagnolo Maria Felicia Malibran. A Napoli, per essere formato nei principi fondanti della pittura, frequenta la scuola del pittore ritrattista Giuseppe Bonolis che dopo aver studiato all’Accademia di Belle Arti di Napoli, si era dedicato all’insegnamento privato che gli aveva procurato grande rinomanza. L’insegnamento di Bonolis asseconda la naturale inclinazione del giovanissimo Perugini che viene ulteriormente incoraggiato da Giuseppe Mancinelli, titolare della cattedra di disegno al Reale Istituto di Belle Arti e maestro, fra gli altri, dei pittori pugliesi Paolo Emilio Stasi, Giuseppe De Nigris e Francesco dell’Erba. Lasciata Napoli per Parigi, frequenta lo studio del pittore ritrattista Ary Scheffer, che aveva preso a proteggerlo ed a guidarlo, e che fu maestro della pittura romantica francese sul quale Bruno Munari (1907-1998), una delle grandi figure del design e della cultura del XX secolo, ha avuto parole di elogio.

   Nel 1863 Charles Edward Perugini rientra in Inghilterra assieme a Frederic Leighton, celebre scultore e pittore inglese tra i più raffinati dell’età vittoriana che lo indirizza verso la pittura di scene classiche che ben presto abbandona per dedicarsi, per lo più, a ritratti di donne romantiche ed eleganti che “libere da emozioni dolorose e spiacevoli si pongono con gli occhi scuri fissi non sul clamore e sul disordine del XX secolo, ma su una qualche beatitudine lontana …”.

   Nel 1874 sposa Kate Dickens figlia del romanziere Charles Dickens e pittrice di successo anche lei dalla quale ha un solo figlio, Leonardo come il nonno paterno, morto infante. La coppia a Londra, ha buona vita sociale mantenendo rapporti di amicizia negli ambienti artistici e con intellettuali come George Bernard Show e James Matthew Barrie, il creatore di Peter Pan.

   Le opere di Perugini sono state esposte alla Royal Academy, al British Institution, alla Society of british artists in Suffok Street, alla Naw Gallery in Regent Street, alla galleria e museo Russel- Cotes a Bournemout, alla Walker Art Gallery ed alla Sudley House di Liverpool, all’ Art Gallerry di Manchester, al Victoria and Albert Museum di Londra, alla Ferens Art Gallery di Hull. Su di lui e sulle sue opere si è espresso in termini lusinghieri il critico d’arte e studioso dell’epoca vittoriana Marion Spielmann (1858-1948) il quale ha scritto che Perugini “… gioca sempre con lo spirito della sua arte melodiosa in cui le ombre della vita non sono mai profonde, mentre il brutto o triste o doloroso non entra mai … Perugini è il pittore per eccellenza della siesta, il flauto dolce, dal colore delicato e dalla linea armoniosa, dalle delizie della dolce pigrizia quando la vita è giovane e l’amore è caldo…”.

  Nel 2014, a Roma, nell’ elegante e raffinato Chiostro del Bramante, si è tenuta la mostra “Alma-Tadema e i pittori dell’800 inglese”. La mostra, che in Francia aveva avuto grande successo, dopo la sosta romana, ha poi raggiunto Madrid ed infine Londra. Dell’esposizione hanno fatto parte, provenienti dalla collezione del mecenate e miliardario messicano Perez Simòn, 50 opere dei più noti pittori vittoriani come Lawrence Alma-Tadema, Edward Burne-Jones, Frederick Leigthon, John Everett Millais, Dante Gabriele Rossetti, Charles Edward Perugini ed altri.

   Sulla rivista americana Munsey’s Magazine del 1893 leggiamo che “… Tra i pittori più giovani di Londra, uno dei più famosi, Charles Edward Perugini, è di nascita e di istruzione un italiano. La sua origine meridionale è chiaramente riflessa nel suo lavoro, con la sua eleganza di forme ed il fascino del colore e il suo deciso contrasto con gli stili inglesi prevalenti. E’ stato regolarmente espositore all’ Accademia per molti anni e le sue tele sono state tra le più ammirate sulle pareti della Burlington House [sede della Royal Academy of Arts]. Perugini ha una felice abilità nel selezionare ampi paesaggi per i suoi soggetti. Egli non è come molti pittori del genere, uno specialista del tempo o del luogo. Le sue scene e le sue figure raramente hanno una precisa collocazione. Il loro fascino è puramente legato alle emozioni, non all’ accuratezza storica …”.

  Sulla più importante rivista d’arte vittoriana The Art Journal del giugno 1874, si leggono espressioni di grande apprezzamento per i lavori di Perugini; di essi si ammira la delicatezza dei colori caldi, il loro felice accostamento, l’abilità con la quale l’artista ha realizzato armoniose ambientazioni. Anche William Greatbach, ritrattista ed incisore inglese ha scritto sull’ edizione americana del The Art Journal del 1876 un articolo nel quale nomina e loda le opere del Perugini esposte all’Accademia reale : “Una tazza di the”, “Chi va piano va sano”, “Giardinaggio”, “Lavoro d’amore”, “La scelta di un mazzolino”. E su quest’ultimo dipinto si sofferma pure il critico d’arte della rivista The Spectator , settimanale britannico di politica, cultura ed attualità, che passa in rassegna i lavori allora presenti nelle sale dell’Accademia reale: “La scelta di un mazzo di fiori” di C.E. Perugini, una figura piacevole e familiare, in abito di cotone e cappellino solare bianco, che raccoglie fiori in un pittoresco giardino vecchio stile. Tutte le tele del sig. Perugini quest’anno sono belle, ma questa è la migliore delle tre”.

Lunedì 23 dicembre 1918, giorno successivo alla sua morte, il Times di Londra pubblica il necrologio di Perugini nel quale si legge che la morte aveva colto l’ultimo di una cerchia di amici intimi, tra i quali i già scomparsi lord Leighton e sir John Everett Mil-lais, che nel recente passato avevano rappresentato l’arte; e poi ancora il giornale scrive: “Eleganza, purezza e correttezza del disegno, perfetta raffinatezza, grazia e fascino, delicatezza nei colori e tenerezza di una linea armoniosa, sono le qualità della sua arte” .

   Il mese seguente, il 18 gennaio 1919, l’American Art News annuncia la scomparsa di Perugini che era stato “l’ultimo dei preraffaelliti” ed amico stretto dei pittori Dante Gabriel Rossetti, Edward Burne Jones e Ford Madox Brown, di Frederick Leighton e di John Everett Millais.

Monopoli, 9 agosto 2020                                               

                                                                                                                       Michele Pirrelli

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